Sostenibilità: il cuore dei nuovi sistemi di gestione ambientale

Daniele Pernigotti

dicembre 2015

Con la nuova revisione le innovazioni importanti, in aggiunta a quelle legate all’HLS, sono legate alle nuove sfide future in campo ambientale. Del resto la versione del 2004 della norma aveva di fatto confermato l’impianto generale, sia per la struttura e sia per i contenuti, della prima versione del 1996. Se consideriamo che il processo di sviluppo di una norma richiede mediamente dai 2 ai 4 anni, risulta evidente che l’approccio impresa-ambiente alla base della norma ancora oggi in utilizzo rispecchia la visione in essere nei primi anni ’90.

I principali elementi innovativi della ISO 14001:2015 sono riconducibili a due ambiti: la nuova struttura documentale pensata per armonizzare tutti i sistemi di gestione e l’introduzione di una nuova visione sulle sfide da affrontare in campo ambientale. Da una parte, quindi, l’importante cambiamento riconducibile alla struttura di alto livello (HLS) che ISO ha deciso di imporre a tutti i sistemi di gestione, indipendentemente dal loro campo di applicazione (es. qualità, sicurezza o ambiente). Una decisione che porta automaticamente con sé evidenti benefici per l’utilizzatore, anche per la sola introduzione di un vocabolario e di una logica comune per tutte le norme gestionali. Ma il valore aggiunto dell’HLS è anche legato all’inserimento di alcune importanti novità in termini di contenuto. Tra quelli più interessanti vi è la richiesta di realizzare una reale integrazione dei sistemi di gestione con le strategie e i processi di business dell’organizzazione. È evidente l’intento di porre così fine ai sistemi di gestione sviluppati come isole autonome, rispetto alla reale gestione strategica delle aziende. O a quelli che si sono deformati nel tempo attraverso un confronto esclusivo tra il referente aziendale per il sistema e il certificatore, introducendo magari delle modifiche nel sistema solo perché “lo chiede il certificatore” e non perché ritenute davvero utili. L’importante cambiamento introdotto dall’HLS richiede invece adesso la concreta e fattiva partecipazione della direzione all’interno dei sistemi di gestione. La naturale conseguenza dovrebbe essere anche un cambio significativo delle modalità di coinvolgimento della direzione in fase di audit da parte del certificatore, oggi troppo spesso limitata ad una formale chiacchierata di routine sul riesame della direzione. Altri aspetti dell’HLS, come l’analisi del contesto, l’identificazione dei bisogni e delle aspettative delle parti interessate e l’introduzione del concetto di rischio rappresentano delle importanti evoluzioni di requisiti che in modo embrionale o esplicito erano già presenti già dalla prima versione dell’ISO 14001:1996. Con la nuova revisione le innovazioni importanti, in aggiunta a quelle legate all’HLS, sono legate alle nuove sfide future in campo ambientale. Del resto la versione del 2004 della norma aveva di fatto confermato l’impianto generale, sia per la struttura e sia per i contenuti, della prima versione del 1996. Se consideriamo che il processo di sviluppo di una norma richiede mediamente dai 2 ai 4 anni, risulta evidente che l’approccio impresa-ambiente alla base della norma ancora oggi in utilizzo rispecchia la visione in essere nei primi anni ’90. Grandissime trasformazioni hanno attraversato il mercato da allora, compresa l’acquisizione di una maggiore consapevolezza da parte del sistema produttivo sulle responsabilità ambientali e sociali legate al proprio operato e la crescente sensibilità su questi temi da parte dei consumatori. Spinte che hanno stimolato la creazione del mercato “green”, la cui importanza è stata ricordata nel recente passato anche dal Presidente USA, Barack Obama. Si tratta di un percorso evolutivo già avviato a cui gli sviluppatori della norma hanno dovuto guardare con grande attenzione. Le precedenti edizioni della ISO 14001 erano focalizzate ad aiutare le organizzazioni a conoscere i propri aspetti ambientali e a gestirli, con l’obiettivo di minimizzare gli impatti ambientali delle loro attività. Quella del 2015 introduce, invece, una visione più ampia, capace di estendere la propria attenzione ai concetti di sostenibilità. In questo modo viene affiancata alla gestione e alla minimizzazione degli impatti ambientali l’opportunità di valorizzare il proprio impegno ambientale anche in chiave di business, trasformandolo in chiave di successo per l’organizzazione. Non a caso, nell’introduzione la norma evidenzia come il contributo allo sviluppo sostenibile implichi anche il raggiungimento di “benefici finanziari e operativi che possono derivare dall’attuazione di valide alternative per l’ambiente in grado di rafforzare la posizione di mercato dell’organizzazione”. È evidente quanto un simile approccio, se implementato a livello di tessuto produttivo del Paese, potrebbe essere in grado di promuovere concretamente un cambio di marcia sostanziale verso la sostenibilità. Vi è un altro cambiamento interessante introdotto dalla ISO 14001:2015. Fino ad oggi era prevalso nella norma un approccio che puntava l’attenzione sulle ricadute delle attività delle organizzazioni sull’ambiente, quest’ultimo visto come un soggetto passivo destinato a subire passivamente le conseguenze delle attività antropiche. L’eccezionale siccità che ha colpito Arizona e California nel 2015, le esondazioni che interessano a intervalli ormai regolari la Liguria o la minore disponibilità di risorse naturali che affliggono sempre di più l’approvvigionamento di alcune materie prime (con evidenti ricadute sulla loro fluttuazione dei costi) hanno però reso fin troppo evidente come l’ambiente stesso sia in grado di influenzare le organizzazioni. E queste debbono dimostrare di prenderne consapevolezza all’interno dello SGA. Si tratta di un cambio di approccio radicale rispetto al passato ben fotografato dal requisito al punto 4.1 della norma in cui si chiede di determinare: “… le condizioni ambientali che sono influenzate o in grado di influenzare l’organizzazione.”

L’ultima novità sostanziale della ISO 14001:2015 è aver esplicitato l’approccio mentale a favore del ciclo vita, quello che gli anglosassoni chiamano life cycle thinking, che implica una maggiore attenzione nei riguardi dell’intera filiera produttiva e verso l’impatto ambientale complessivo del prodotto. L’attenzione a favore della filiera è in realtà parte di un’evoluzione già in atto da molti anni. In passato le aziende potevano anche permettersi di focalizzare la propria attenzione solo ed esclusivamente a quanto accadeva all’interno dei propri confini fisici. Oggi però ciò non è più accettabile per qualsiasi realtà che voglia mantenere un minimo di credibilità verso l’esterno. I processi di terziarizzazione hanno spesso contribuito a portare all’esterno le produzioni a maggiore impatto ambientale e nel frattempo l’attenzione dei portatori d’interesse esterni è cresciuta in modo significativo. La percezione di una responsabilità indiretta sulle attività di chi lavorava per conto dell’organizzazione che ha fatto idealmente crollare le mura di confine delle aziende, introducendo un concetto di responsabilità estesa. Questo si sposa appieno con l’espansione dell’attenzione delle aziende lungo l’intera filiera produttiva del prodotto. Le aziende più avanzate hanno approcciato a questi temi sviluppando una vera e propria LCA (Life Cycle Assessment), consolidata metodologia in grado di valutare gli impatti ambientali che un prodotto genera attraverso tutto il proprio ciclo di vita, dall’estrazione delle materie prime fino al suo smaltimento finale. L’utilizzo di una metodologia così avanzata non è però un requisito della ISO 14001:2015. Ma all’organizzazione viene comunque chiesto di pensare alle possibili ricadute ambientali dei propri prodotti lungo il loro intero ciclo di vita, a partire dall’identificazione degli aspetti ambientali ad essi collegati. Tale richiesta era in realtà presente, in modalità diverse, anche nelle precedenti versioni della norma, ma era stato di fatto molto spesso disattesa attraverso interpretazioni riduttive.

Ora il richiamo esplicito non lascia più dubbi ed ha dei collegamenti espliciti anche con il controllo operativo. Pur con una certa flessibilità, necessaria a consentire un’applicazione estesa della norma all’ampio spettro di casistica settoriale e organizzativa esistente e un suo approccio graduale nel tempo, vengono individuate alcune aree di intervento che hanno evidenti possibili ricadute sull’impatto complessivo sul prodotto. A partire dalla selezione di materie prime a minore impatto ambientale, o al maggiore coinvolgimento della progettazione nello SGA. O, addirittura, alla possibilità di trasmettere al consumatore delle informazioni utili a minimizzare gli impatti ambientali in fase d’uso o di smaltimento finale del prodotto. Le novità introdotte dalla ISO 14001:2015 possono, quindi, favorire un interessante cambiamento evolutivo nelle organizzazioni a livello di mercato. Ciò potrà essere realizzato in modo efficace solo se anche i certificatori riusciranno a percepire la portata innovatrice della norma. Sarà, inoltre, necessario spostare l’attenzione dagli aspetti di natura legislativa, che hanno acquisito nel tempo un peso eccessivamente centrale negli audit di terza parte rispetto agli obiettivi della norma, agli aspetti ambientali e al miglioramento continuo. Non farlo rappresenterebbe un’occasione perduta per le organizzazioni e per l’intero sistema paese.

Vai a pagina 21 del Giornale dell'Ingegnere per leggere l'articolo originale.

Share
Share on linkedin
Share on twitter
Share on facebook
Ultime News

Ricevi le News via email per restare aggiornato sulle tematiche di Normativa Ambientale, Cambiamento Climatico, Sostenibilità e su tutte le nostre attività istituzionali e formative.

Iscriviti alla Newsletter Aequilibria

Aequilibria utilizzerà i dati forniti per l’invio della propria newsletter. Cliccando sul pulsante ISCRIVITI si accetta il trattamento dati in accordo all’informativa sulla privacy e al regolamento GDPR.

Bell_
Utilizziamo i cookie per essere sicuri che tu possa avere la migliore esperienza sul nostro sito.